Testi e foto by Marco Bachelli La miniera di barite “Mastricarro” (Torrente La Fiumarella - Catanzaro) Con questo primo articolo descriviamo una località che l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro ha recuperato come “geosito” nell’ambito del Parco della biodiversità mediterranea e che rappresenta un luogo di interesse naturalistico, storico e scientifico, adatto ad essere visitato anche ai bambini (accompagnati dai genitori) Itinerario: da Catanzaro si seguono le indicazioni per Gagliano, poco prima di lasciare Catanzaro, prima che la strada inizi a salire, in corrispondenza di una rotonda stradale, si svolta a destra imboccando la vecchia strada statale n° 19 delle Calabrie che passa davanti al supermercato Sidis e scende nell’alveo del torrente Fiumarella; oltrepassato il ponte sul torrente si imbocca a sinistra la strada sterrata che risale la Fiumarella, mantenendosi sulla sinistra orografica, percorrendola per circa 500 metri fino a giungere ad un maneggio; qui si parcheggia l’autovettura e si prosegue a piedi altri 200 metri circa fino a trovare la confluenza con un torrente affluente di sinistra orografica; in prossimità della confluenza tra i due torrenti sono ubicati i vecchi edifici minerari, le vasche di lavaggio e la tramoggia di carico del minerale; la stradina sterrata per raggiungere l’area estrattiva è stata ripulita ed attrezzata con staccionate, aree di sosta con panche e tavolini in legno, pannelli esplicativi sull’attività mineraria: risale l’affluente di sinistra orografica per poi tornare sopra la tramoggia di carico del minerale e proseguire risalendo a mezza costa la valle della Fiumarella per circa 500 metri fino a raggiungere la località “Molino Mastricarro” dove troviamo gli imbocchi delle vecchie gallerie scavate direttamente nei bianchi filoni di barite che affiorano in superficie incassati nelle granodioriti, le discariche della miniera ed un antico mulino. Notizie sull’attività estrattiva: la presenza di mineralizzazioni a barite e galena nella Fiumarella di Catanzaro era già nota a fine ‘800; Emilio Cortese segnalava la presenza di queste mineralizzazioni nella “Descrizione Geologica della Calabria” (prima edizione 1895, I ristampa 1934, II edizione 1983 e stampata ancora oggi dalla Gangemi editore); un accurato studio geo-minerario della località Molino Mastricarro viene intrapreso nel 1964 dalla società Industrie Minerarie Meridionali S.p.a. la quale individua la presenza di una consistenze mineralizzazione a barite ed ottiene nel luglio 1967 la concessione mineraria denominata “Miniera di barite Mastricarro” su 155,21 ha di superficie e per una durata di 15 anni. I lavori di coltivazione mineraria iniziano nel periodo 1968-1969 con il metodo del “taglio in direzione” che fù poi abbandonato in favore del più sicuro e produttivo metodo “a camere e pilastri”, con una produzione media di circa 80.000 tonnellate annue di barite. Il minerale estratto costituito da barite in ganga di granodiorite e porfido, veniva trasportato fino all’impianto di arricchimento (laveria) ubicato all’inizio del sentiero dove veniva sottoposto a varie fasi di lavorazione (frantumazione, prearricchimento idrogravimetrico, macinazione primaria, flottazione, flottazione della barite, decantazione, filtrazione, essiccamento, macinazione secondaria, stoccaggio in silos e insaccamento); si otteneva una barite di ottima qualità che veniva utilizzata principalmente come pigmento bianco nell’industria delle vernici. L’organico della miniera a pieno regime era composto da circa 27 persone: - n° 2 impiegati con mansioni tecnico amministrative - n° 12 operai per lavori di estrazione all’interno della miniera (n° 6 operai addetti alla coltivazione, n° 2 operai addetti alla preparazione, n° 2 operai addetti alla ricerca, n° 2 operai addetti ai servizi). - n° 12 operai per lavori all’esterno (n° 1 capo laveria, n° 9 operai addetti alla conduzione dell’impianto, n° 2 operai addetti ai servizi) - n° 1 guardia giurata La società Industrie Minerarie Meridionali, inquadrata nel gruppo EGAM, fu trasferita all’ENI a seguito dello scioglimento di quest’ultimo con legge 15 giugno 1978 n° 279. La società fu poi conferita dall’ENI alla SAMIN, caposettore del comparto minerometallurgico del gruppo. Nel 1979 il giacimento è in via di esaurimento, vengono effettuati vari sondaggi di ricerca che verificano il restringimento e la scomparsa dei filoni nella zona centro nord della miniera; varie fratturazioni delle rocce incassanti, a cui corrispondevano zone di frana in superficie, evidenziavano la scomparsa dei filoni che forse venivano dislocati su quote diverse rendendo difficoltoso il ritrovamento e la prosecuzione dei lavori. Vengono spesi oltre cento milioni di lire per effettuare ricerche anche nella zona nord ma con esito negativo. Il giacimento viene ritenuto esaurito ed in data 3 giugno 1980 la società Industrie Minerarie Meridionali (gruppo SAMIN) rinuncia alla concessione della miniera; le miniera viene messa in sicurezza con la chiusura di tutti gli imbocchi delle gallerie tramite pareti in calcestruzzo dello spessore di 40 cm; dei 23 dipendenti ancora in servizio 5 accettano il trasferimento, 9 accettano la risoluzione consensuale del contratto, 9 sono stati licenziati in data 10 luglio 1980 non avendo accettato né il trasferimento né la risoluzione consensuale del contratto. A seguito di interrogazione parlamentare del deputato Bova, nella seduta del 17 Febbraio 1981 a cui risponde il ministro delle partecipazioni statali De Michelis, la SAMIN si impegnava a riservare a queste ultime 9 unità la priorità nell’assegnazione di posti di lavoro conseguenti a turn/over e/o aumenti di organico delle società presenti nella regione Calabria, anche nel gruppo ENI. Utilizzi della barite: la barite è un solfato di calcio, formula chimica BaSO4 ed il nome deriva dal greco “barys” che significa pesante, a causa dell’elevato peso specifico (4,48 g/cm3) e proprio per il suo peso viene impiegata soprattutto come fango pesante o fango bentonitico nelle perforazioni petrolifere per sostenere le pareti dei pozzi; altri utilizzi sono come additivo nell’industria cartaria e tessile, come pigmento nell’industria delle vernici, in radiologia per liquidi opachi di contrasto, nella produzione di calcestruzzi pesanti per centrali nucleari e per zavorre di lavatrici e gru, nella produzione di tubi catodici, nell’industria della gomma (le palle da tennis contengono circa il 10 % di barite) e come già detto nella produzione di vernici. Inquadramento geologico e minerogenetico: le rocce affioranti in questa zona appartengono geologicamente all’Unità di Stilo; si tratta di scisti e plutoniti (granodioriti, microgranodioriti e porfidi); la mineralizzazione è costituita da filoni di barite ad andamento sub-orizzontale inclinati mediamente di 15° ed immergenti verso sud, spessi mediamente da 1 a 3 metri che si sviluppano principalmente nella zona di contatto porfido/granodiorite e scompaiono al contatto con gli scisti; i filoni sono costituiti principalmente da barite spatica con subordinati vari minerali accessori (fluorite, galena, calcopirite ecc.), sono filoni di tipo idrotermale che probabilmente si sono anticamente depositati nelle preesistenti fratture delle plutoniti, le quali sono state oggetto di successive fratturazioni che hanno provocato la dislocazione dei filoni. Questa mineralizzazione è stata oggetto di un interessante studio minerogenetico sulle inclusioni fluide (Buchanan L.J et al., 1981; Bonardi G. et al., 1982) il quale ha evidenziato che i filoni sono di tipo epitermale con temperatura media di formazione della barite di 210 °C (190 – 235 °C) ad una pressione di 18,04 bar equivalente ad una profondità di circa 200 metri e che i solfuri presenti come minerali accessori, galena e calcopirite, si sono depositati successivamente alla messa in posto del filone di barite; già nel 1948 Vighi nel suo lavoro (vedi bibliografia) individuava tre sistemi di fratturazione delle plutoniti ed ipotizzava che a seguito della prima fratturazione si depositava nelle spaccature la barite, a seguito della seconda fratturazione si depositavano i solfuri, mentre la terza fratturazione dislocava i filoni già mineralizzati. La mineralizzazione può essere catalogata come di tipo “prealpino in magmatiti” come riportato nell’interessante studio sulle mineralizzazioni dell’Arco Calabro Peloritano (Bonardi G et al., 1982). La ricerca: i minerali si possono raccogliere principalmente nei detriti ai margini della strada sterrata, nella discarica nell’alveo del torrente Fiumarella o scavando direttamente nei filoni affioranti lungo la strada in prossimità delle gallerie. I filoni sono spesso ricoperti da patine verdi di malachite che sono indizio della presenza di calcopirite di colore giallo oro; spesso insieme alla malachite si trovano patine azzurre di azzurrite. E’ proibito ed assolutamente sconsigliato avventurarsi nelle gallerie in quanto pericolosissime e soggette a crolli. E’ sufficiente avere con se una mazzetta da 800 grammi ed uno scalpello per mettere insieme con estrema facilità una piccola ed interessante collezione dei minerali caratteristici di questa miniera: barite spatica bianca, calcopirite massiva giallo oro, galena spatica grigio piombo, malachite verde; se poi si utilizza una buona lente da circa 10 ingrandimenti si possono trovare nelle piccole geodi dei minerali massivi anche piccoli ma perfetti cristalli degli stessi minerali ma anche di minerali più rari, derivanti dall’alterazione dei solfuri, come anglesite, cerussite, covellina, azzurrite ed altri ancora in corso di identificazione presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università della Calabria. I minerali: vengono qui di seguito descritti, in ordine alfabetico, tutti i minerali ad oggi identificati in questa miniera. Anglesite (PbSO4) è un solfato di piombo e deriva dall’alterazione della galena, si trova in piccolissimi cristalli di abito bipiramidale di dimensione inferiore al millimetro; i cristalli hanno sempre facce molto lucenti e sono di colore giallo, grigio chiaro od incolori e si trovano spesso associati a malachite e cerussite. Azzurrite (Cu3[OH / CO3]2) è un carbonato di rame e deriva dall’alterazione della calcopirite, si trova normalmente in patine azzurre associate alla malachite ma si può trovare anche in piccoli cristalli di dimensione massima 3-4 mm con facce ben formate e lucenti e di colore azzurro intenso. Barite o baritina (BaSO4) solfato di bario, costituisce il minerale utile costituente oggetto di coltivazione e costituente principale dei filoni; si trova in forma massiva spatica, di colore bianco latte, ed a volte in intrecci di cristalli malformati ricoperti da patine di ossidazione giallastre; nelle piccole cavità della barite spatica si possono trovare anche cristalli tabulari trasparenti la cui dimensione raramente supera i 4 mm. Calcite (CaCO3) carbonato di calcio, si trova raramente in cristalli scalenoedrici fino a 3 mm di dimensione spesso ricoperti da patine di ossidazione giallastre. Calcopirite (CuFeS2) solfuro di rame e ferro, si trova comunemente in filoncelli e noduli inglobati nella barite, specialmente dove questa presenta vistose patine verdi di malachite; il colore è giallo oro con riflessi iridescenti; nelle piccole cavità del quarzo si possono rinvenire anche piccoli cristalli bisfenoidali fino a 3-4 mm di dimensione. Cerussite (PbCO3) carbonato di piombo, si trova abbastanza facilmente in splendidi cristallini con abito prismatico o tabulare spesso geminati di colore bianco, giallino o grigio e lucentezza adamantina, la dimensione massima è di 3-4 mm ed è spesso associata alla galena alterata. Covellina (CuS) solfuro di rame, si trova raramente in piccoli aggregati di cristalli lamellari lucenti di colore blu/violaceo iridescente. Fluorite (CaF2) fluoruro di calcio, si può trovare in piccole vene inglobate nella barite; è riconoscibile per il colore verde tenue e la tipica sfaldatura; è fluorescente in viola chiaro alla luce ultravioletta. Galena (PbS) solfuro di piombo, è comune in mosche ed aggregati spatici anche di parecchi centimetri di dimensione, inglobati nella barite massiva; di colore grigio piombo e viva lucentezza metallica presenta sulla frattura la tipica sfaldatura. Si presenta anche in aggregati alterati e cariati ed in questo caso, specialmente in prossimità di piccole vene di quarzo, è indizio della presenza di anglesite e cerussite. E’ stato trovato anche un piccolo cristallo di 2 mm di dimensione, con abito complesso. Malachite (Cu2[(OH)2 / CO3]) carbonato di rame, estremamente comune in belle patine verdi sulla barite, si trova comunemente anche in millimetrici aggregati globulari di cristalli aciculari o in aggregati allungati di cristalli fascicolari. Aggregati globulari di malachite sono stati ritrovati a ricoprire cristalli cubici di pirite con un ottimo effetto estetico. Pirite (FeS2) solfuro di ferro, si trova in cristalli cubici di 2-3 mm di spigolo ricoperti da patine limonitiche brune. Quarzo (SiO2) ossido di silicio, è presente in piccole vene o noccioli inglobati nei filoni di barite ed all’interno delle piccole cavità si possono trovare facilmente piccoli cristalli trasparenti o ricoperti da patine di ossidazione fino a 5 mm di dimensione. Bibliografia: ATTI PARLAMENTARI della Camera dei Deputati – Seduta del 17 Febbraio 1981, 3029-3030. BONARDI G., DE VIVO B., GIUNTA G., LIMA A., PERRONE V. e ZUPPETTA A. (1982) – Mineralizzazioni dell’Arco Calabro Peloritano. Ipotesi genetiche e quadro evolutivo – Boll. Soc. Geol. It., 101, 141-155. BUCHANAN L.J., DE VIVO B., KRAMER A.K. e LIMA A. (1981) - Fluid inclusion study of the Fiumarella barite deposit (Catanzaro S. Italy) – Mineralium Deposita, 16, 2, 215-226. CORTESE E. (1934) – Descrizione geologica della Calabria – Firenze, Tipografia Mariano Ricci (ristampa della I edizione del 1895). DATTOLA L. (1996) – La miniera di barite del Torrente Fiumarella presso Catanzaro: i minerali – Rivista Mineralogica Italiana, Milano, 3, 289-292. MERCATI F. (1969) – Le risorse minerarie della Calabria – Milillo, Roma. VIGHI L. (1948) – Studio di un’area mineralizzata a baritina e solfuri vari in Calabria – Ric. Scient., 10, 1339-1344. Ponte sul torrente Fiumarella e strada sterrata di accesso alla miniera Tramoggia di carico del minerale Pannello esplicativo posto all’inizio della strada sterrata Cartina posta sul pannello esplicativo: il pallino rosso rappresenta il punto di partenza, i cerchi blu indicano le aree di sosta, i rettangoli rossi indicano gli ingressi delle gallerie minerarie I primi due ingressi delle gallerie, chiusi da muro in cemento armato, aperti direttamente nel filone di barite; a sinistra della seconda galleria sono visibili patine verdi di malachite Barite, aggregato di cristalli tabulari lamellari (9 x 6 cm) Calcopirite massiva associata a quarzite (5 x 4 cm) Galena spatica su barite (6 x 7 cm) Malachite ed azzurrite in patine sulla barite compatta (9 x 6 cm) Malachite, aggregato di cristalli fascicolari di 1,2 mm su barite Malachite, ciuffetti di cristalli raggiati di 1 mm su barite Azzurrite, piccolissimo cristallo di 0,2 mm su barite Quarzo, cristalli di 0,6 mm su quarzite Cerussite, cristalli di 1 mm su galena e quarzite |