Testi e foto by Manuela Barletta CENNI SULLE ORIGINI Paesino del versante orientale della Calabria, distante solo qualche chilometro dal Mare Jonio, borgo tra i più caratteristici e ben conservati della provincia di Reggio Calabria. Sorse sui resti dell’antica Kaulonia greca e la sua urbanizzazione, si spostò via via verso la montagna ai piedi del Monte Consolino, dopo i vari attacchi pirateschi lungo le coste calabresi. La storia ricorda Stilo per la battaglia tra le truppe di Ottone II di Sassonia e gli Arabi e Bizantini, che avvenne il 13 luglio del 982, nella zona che oggi viene chiamata Vinciguerra. Stilo subì la dominazione dei normanni, periodo in cui la cittadina, non solo acquistò autonomia territoriale ed amministrativa, ma divenne anche città di Regio Demanio perché dipendeva in via diretta dal sovrano regnante. Il potere acquisito, fu mantenuto intatto anche con le dominazioni degli Angioini, Svevi e Aragonesi. Il paese diede i natali ad uomini illustri, tra cui ricordiamo il filosofo Tommaso Campanella e molti altri ancora che ricoprirono ruoli importanti per la storia del paese. 
LA “CATTOLICA” GRECO – BIZANTINA Costruita ai piedi del Monte Consolino intorno al X sec., luogo sacro alla solitudine e alla meditazione greco bizantino. Fu valorizzata solo dopo l’anno 1835 per interessamento del cultore calabrese Vito Capialbi. La china ancora oggi conserva il nome ad essa derivante dal greco “Katholikè”, nome dato a tutte le chiese parrocchiali dell’età bizantina e che sta a significare “universale”. Le facciate hanno una forma più o meno quadrata con il lato non superiore ai quasi 7 metri, ricoperte da fasce di mattoni in argilla dal colore rosso ed interlineati con malta nelle giunture. Dalla porta principale, alla fine della parete frontale, sulla sinistra, vi è un incavo lasciato come fu trovato nel 1914 e che probabilmente, conservava una tomba. Il tetto che sovrasta la chiesina ha cinque cupole di forma cilindrica rivestite da mattonelle disposte in senso romboidale e spezzate al centro da mattoni similari, posti, in gergo, “a dente di sega”. Tetto e cupole a loro volta, sono coperte con tegole dal colore giallo rossastro. Nelle due cupole anteriori, poste più in basso rispetto alle cupole posteriori, si aprono due finestre monofore, sulle cupole posteriori, se ne apre solo una. La cupola centrale, dal diametro più lungo e posta più in alto, presenta quattro finestre con due aperture bifore divise da alcune colonnine. Il portone d’ingresso è sormontato da un architrave in legno e sopra di esso, vi è un arco incorniciato da mattoni. Dalla pavimentazione a quadrati rossi si ergono quattro piccole colonne dal colore e forma differenti, che sorreggono le volte del soffitto e dividono l’interno in nove quadrati uguali, escluso l’incavo delle tre absidi. Numerosi furono gli studi effettuati sulle quattro colonne fino a valorizzarne l’ipotesi, che provengano da antichi e diversi monumenti esistenti un tempo nel territorio della Kaulonite e portate poi nella dimora odierna. All’interno vi sono degli affreschi di eccezionale valore che l’archeologo Paolo Orsi, rivalorizzò fino al possibile, determinando che su tali muri, furono addirittura sovrapposti ben cinque strati di affreschi caratteristici e dalle diverse epoche. 
 LE CHIESE DI RILEVANZA STORICA E ARTISTICA La chiesa Matrice Si inizia con la Chiesa Madre o “La Matrice”, eretta intorno al 1300, di rilevante importanza storica e artistica, fu una delle prime sedi vescovili della Calabria. Durante il terremoto del 1783 subì danni che durante il restauro, la privarono di alcuni particolari architettonici. Al suo interno troviamo una stupenda tela del 1600 del Battistello (Giovan Battista Caracciolo) raffigurante il “Paradiso”, restaurata a cura della Soprintendenza alle Belle Arti della Calabria. Diverse pergamene del 600 – 700 recanti sigillo papale, costituenti concessioni e privilegi sacri fatti dai pontefici alla chiesa di Stilo. Di pregiata manifattura è la cripta sottostante la chiesa, con elementi in marmo bianco architettonico e gli affreschi scoperti sotto il primo piano pavimentale dell’attuale chiesa. La chiesa di San Domenico Costruita intorno al 1600 dai Padri Domenicani con annesso convento databile intorno al 1560. Un tempo il suo interno era molto adornato, ogni nobile della cittadina, aveva una cappella con blasone ed esponeva ori e argento. La chiesa è legata all’ingegno e all’opera di molti uomini illustri di Stilo e soprattutto alla formazione filosofica del Campanella, frate dell’Ordine di San Domenico che nel piccolo convento, dimorò durante la sua giovinezza e nel pieno formarsi delle sue idee. Presenta un tabernacolo, la cupola e un transetto risalenti anch’essi al 1600. 
La chiesa di San Francesco Fondata nel 1450 in epoca rinascimentale, la sua facciata fu rifatta intorno al 1700 in elegante stile barocco. Domina la chiesa una grande cupola con opere scultorie e pittoriche. L’altare in legno è in stile barocco intagliato ad arte e con maestria, esso apparteneva alla chiesa distrutta dei Cappuccini. Gli affreschi del 700, sono opera del pittore stilese Cozza. Alle spalle della chiesa, troviamo una torre campanile che conserva intatte le caratteristiche medievali (torre di guardia). Parzialmente esistente è il chiostro in stile toscano articolato in 20 archi granitici scolpiti dallo scalpellino Canigli di Serra San Bruno, durante il 1600. 
La chiesa di San Giovanni Theristi I lavori per erigere la chiesa e il Monastero, iniziarono nell’anno 1625 per opera dei frati di San Francesco di Paola e successivamente, terminati dai Padri Redentoristi nel 1791, succedendo ai Basiliani. L’altare interno è degno di osservazione, finemente lavorato con tarsie marmoree e conserva nella sua base, le reliquie del Theristi unitamente a quelle di altri due Santi (Ambrogio e Nicola). All’interno del Monastero, nella parte centrale del cortile, un vecchio pozzo in granito con quattro colonne marmoree, coperto dal baldacchino scolpito in pietra. COSA VEDERE NELLA CITTADINA E NEI DINTORNI Il castello Normanno documentabile intorno all’anno 1269, costruito da Ruggero il Normanno sul Monte Consolino, durante il quale, cercava di dominare su tutta la Calabria, occupando e fortificando i luoghi più forti della regione mediterranea e montuosa. Presenta attualmente, i ruderi di due torri e il nucleo centrale della struttura. 
Il monumento a San Nicola da Tolentino, un tempo adibito a chiesa che apparteneva all’Ordine Eremitano di Sant’Agostino, si presenta con una cupola a forma di “trullo” per la posizione caratteristica delle tegole e da cui si può ammirare un panorama verso il mar Jonio e lungo la Vallata dello Stilaro.  Le porte medievali “Stefanina” e “Reale”, di quest’ultima restano solo i ruderi. La fontana “Gebbia”, conosciuta come “Fontana dei Delfini” in stile barocco del 1700. 
La casa natale e il monumento granitico di Tommaso Campanella. La zona archeologica, con ritrovamenti di tombe del periodo greco romano, pavimentazioni a mosaico, monete greche e romane e speciali sculture a tavoletta su pietre di stampo orientale. Tra i palazzi, l’edificio appartenuto ai Conti Capialbi nel Rione Santa Lucia, la Biblioteca, il Palazzo Lamberti e i palazzi appartenuti alle famiglie Crea, Marzano, Caracciolo e Sersale, tutti raccolgono tanti secoli di storia e degne opere di architettura. 
Per quanto riguarda i dintorni, sono presenti diverse località ricche di indiscusso valore, sia dal punto di vista paesaggistico, sia dai punti di vista storico e artistico. 
Nelle immediate vicinanze del paese c’è la Ferdinandea, dimora estiva tra verdi boschi di Federico II di Borbone, destinato fino al 1800 a Regia ferriera e fonderia (stabilimenti che arricchirono molto le zone limitrofe…) Bivongi con le cascate del Marmarico, sono certamente una meta da raggiungere senza ombra di dubbio, incastonate in una vegetazione mozzafiato. Stignano, con la Villa Caristo e il Castello di San Fili e poi ancora Gioiosa Jonica, Mammola con il Parco Museo di Nik Spatari, architetto e scultore di fama internazionale. L’antica Kaulonia con i resti del tempio di Apollo del V secolo e poi ancora Mongiana e Serra San Bruno, Soverato e Copanello, tutti luoghi di indiscusso valore. TOMMASO CAMPANELLA (1568 – 1639) Giovanni Domenico Campanella (Tommaso è il nome da frate) nasce il 5 settembre 1568 a Stilo, da un'umile famiglia calabrese. Il padre, a stento, riesce a sfamare la famiglia riparando calzari. Già da bambino dimostra un’intelligenza viva aderendo all’Ordine dei Domenicani ad appena tredici anni, entrando come novizio, nel convento di Placanica. Successivamente andrà a Nicastro dove dedicherà parte del suo tempo agli studi di logica aristotelica, quindi a Cosenza dove approfondirà le conoscenze relative alla Teologia. Affascinato dalle letture di Erasmo, Marsilio Ficino, Telesio, autori che criticano il pensiero aristotelico, lo scolasticismo conventuale e la corruzione della Chiesa. Campanella si avvicina sempre più alle loro idee, suggestionato dalle concezioni di Ermete, creatore dell’alchimia, e da alcuni trattati di magia e astrologia. E’ affascinato dalla visione oggettiva ed empirica che Telesio ha del mondo, dove la Natura, al di là di qualsiasi intervento metafisico, si manifesta per se stessa ai sensi dell’uomo in quanto l’uomo è parte di essa. Crede in Dio ma, a differenza di Aristotele, lo considera ente supremo, garante e non creatore dell’ordine universale. Per queste idee, Campanella viene trasferito in meditazione coatta nel convento di Altomonte. Arrestato più volte ed inquisito per eresia, Campanella non demorde ed anzi, va avanti con le sue teorie. Con l’appoggio di alcuni frati, con la promessa da parte di alcuni banditi, vescovi ed anche nobili del luogo, Campanella incita il popolo calabrese alla rivolta, al mutamento che farà della Calabria una repubblica, la più mirabile del mondo, preparata dai monaci di San Domenico, a capo della quale ci sarà il Pontefice romano. Celebre una sua frase: «Io venni a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi e ipocrisia», frase che lo ha portato alla ricerca incessante della Verità e della Giustizia. Tra le sue opere, citandone qualcuna: De sensu rerum et magia | 1590 | La Città del Sole | 1602 | Epilogo magno | 1604 | Theologia | 1613 | Apologia pro Galileo | 1623 | Metaphisica | 1623 |
 PIATTI TIPICI – ARTIGIANATO E FOLKLORE Tra le pietanze tipiche della cucina stilese cè la pasta fatta in casa con il “ferretto” contornata con pomodoro al sugo e pomodoro prima fatto essiccare al sole e poi cotto nel forno tipico a legna. Salumi e formaggi in generale hanno sapori caseari come pochi in Italia e tra i secondi piatti, vi è il cinghiale e la selvaggina accompagnato con patate alla brace, melanzane ripiene e la “peperonata” (sorta di piatto unico preparato con cipolle, peperoni, patate, pomodoro, olio e basilico). Tra i dolci tipici, nel periodo natalizio vi sono le “Pitte” con dentro noci, fichi secchi e uva passa. La cultura greca ha tramandato la cosiddetta “arte povera”, con tecniche tradizionali, usate nella realizzazione dei tanti lavori in legno e non. Nelle campagne vengono ancora oggi prodotti i cesti in vimini e di recente, segnaliamo la ripresa della lavorazione della pietra locale, proprio come un tempo i maestri “scalpellini” usavano ricavare opere scultorie, grandiosi portali e intagli per lastricare piazze o viuzze. In montagna viene ancora oggi raccolto il “ciocco” o meglio l’erica, utilizzata per la lavorazione delle pipe. Per quanto riguarda l’aspetto folkloristico, a Stilo si rievocano gli antichi riti durante la settimana santa con sfilata di caratteristici abiti. Non può mancare per ultimo, il Palio di Ribusa che in fatto di folklore, è certamente tra i “Palii” più conosciuti in Europa. 
IL PALIO DI RIBUSA Manifestazione della tradizione popolare calabrese che rievoca il periodo del XVI secolo. La sua costituzione fu legata allo svolgimento della “Fera de Rebusa”, una delle più importanti fiere del Regno di Napoli e ripresa soltanto nel 1997, dopo una lunga parentesi, durata ben 280 anni. Orgoglio degli stilesi che già nel 1600 entravano a far parte delle centodieci città d’Italia più famose. Consiste in una gara con tornei cavallereschi e delegati dei cinque casali (Pazzano, Camini, Riace, Stignano e Guardavalle). Durante lo svolgimento, i cavalieri esprimono le proprie doti di abilità con il tiro al cerchio, tiro all’anello, tiro con l’arco, tiro con la balestra e tiro al montone. Le gare sono precedute da un rito solenne, prima dell’inaugurazione della Fiera a cui partecipano tutte le autorità locali, accompagnate da cavalieri con stendardi e cavalli bardati, suonatori di tamburi e trombe, araldi e armigeri. Il corteo è preceduto dagli sbandieratori, paggi, damigelle, corporazioni delle arti e dei mestieri. La rievocazione storica del Palio di Ribusa, avviene ogni anno, la prima domenica di agosto ma da tener presente che una settimana prima, si può assistere ad una vera e propria festa storica con musiche, cortei storici, giullari per le strade, cartomanti, cantastorie, cavalieri, dame e banchetti storici, che allietano l’arrivo del giorno della competizione. 
LE MANIFESTAZIONI Natale stilese | Da dicembre fino all’Epifania | La settimana santa | Periodo di Pasqua con riti tipici religiosi e folkloristici | Festa dell’Immacolata | Dicembre | Festa a San Giovanni Theristi | Giugno | Palio di Ribusa | Prima domenica di Agosto con evocazione storica | Fiere di Stilo | Periodo variabile |
PER ARRIVARE A STILO In auto Da nord: Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria uscita Lamezia Terme poi statale per Catanzaro e Statale 106 jonica fino al bivio per Monasterace Marina, proseguire per la Statale 110 fino al bivio Bivongi - Pazzano - Stilo. Da sud: Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria uscita Rosarno poi SGC (Strada Grande Comunicazione) Jonio-Tirreno per Marina di Gioiosa Jonica e proseguire sulla Statale 106 fino al bivio per Monasterace Marina, proseguire per la Statale 110 fino al bivio Bivongi - Pazzano - Stilo. In treno Treni diretti provenienti dalle più importanti città italiane e con la linea Roma - Napoli - Lamezia Terme - Catanzaro - Monasterace - Stilo. In aereo Aeroporto di Reggio Calabria (150 Km) e di Lamezia Terme (145 Km). |