Si è precedentemente detto che i fenomeni interni della terra (litosfera) generano una certa dinamica creando equilibri più o meno statici che a loro volta, incidono fra la morfologia interna della terra e la tettonica. Proprio questa parola “tettonica” sin dagli anni sessanta è maturata come “teoria” che interpreta i fenomeni che si sviluppano alla superficie del nostro pianeta. La litosfera è suddivisa in sei blocchi rigidi e in un'altra decina di secondari chiamati “zolle o placche”. Ogni zolla, costituita da una parte della crosta terrestre e dalla parte superiore del mantello, si appoggia e si può muovere sui materiali più plastici dell’astenosfera creando la fase di instabilità ove si concentra tutta l’attività dinamica superficiale (terremoti, vulcani…) che però all’interno delle zolle è totalmente inesistente. Le zolle, pur ricoprendo tutta la superficie terrestre, hanno possibilità di movimento, di accrescimento e di consumazione. A loro volta, le zolle, possono avere limiti costruttivi o divergenti, distruttivi o convergenti e conservativi. Limiti costruttivi Si presentano lungo le dorsali medio oceaniche (esempio la dorsale atlantica) dove i magmi basaltici risalgono dalle fratture della litosfera spingendo lateralmente i bordi delle zolle, portando la formazione continua di nuova crosta terrestre. Limiti distruttivi Si hanno quando due zolle si avvicinano e i loro bordi tendono al consumarsi. Esistono tre tipi di limiti distruttivi: tipo arco insulare (detto anche arco fossa o nipponico) tipo himalayano tipo fossa oceanica (esempio la cordigliera andina). Il primo tipo si forma quando i margini delle due zolle che vengono in collisione sono costituiti entrambe da crosta oceanica, uno dei due margini si immerge al di sotto dell’altro lungo una zona di subduzione la cui posizione è individuata da un piano inclinato e dove si verificano gli ipocentri. Le rocce sprofondano sempre più subendo un lento ma graduale riscaldamento che genera la loro fusione con presenza di magma. Risalendo in superficie i magmi formano un arco di edifici vulcanici da cui deriva il nome del meccanismo “tettonica delle placche”. Se i margini delle zolle sono formati da crosta continentale più leggera del mantello, nessuno dei due margini può immergersi al di sotto dell’altro. Limiti conservativi Le zolle scivolano l’una di fianco all’altra e la litosfera non si accresce né si consuma è il caso delle faglie trasformi, lungo le quali le due zolle si muovono sviluppando un’intensa attività sismica come ad esempio, la faglia di Sant’Andrea in California (tipo di limite conservativo). Per completare il quadro geodinamico della Terra, restano da interpretare i fenomeni interni alle zolle come ad esempio le fosse dell’Africa orientale, che rappresentano i primi sintomi di un limite divergente da cui si svilupperà un nuovo braccio di mare. Il Mar Rosso rappresenta una fase più avanzata di questo processo e può essere considerato come un oceano primordiale. Altro fenomeno curioso è il vulcanismo attivo che si sviluppa nel bel mezzo delle zolle, come ad esempio nel Pacifico, nelle isole vulcaniche delle Hawaii e la penisola Kamciatka e in quella dell’Atlantico, Tristan da Cunha. Questi fenomeni hanno origine da un punto caldo da cui risale il magma basaltico dal mantello, formando una vera e propria catena di coni vulcanici di età crescente nella direzione del movimento del fondo. Il fascino misterioso delle orogenesi è un fenomeno complesso, che si risolve in serie di fatti geologici strettamente collegati e che certamente, appassiona molti studiosi di geologia. Problema principale è quello di risolvere l’origine delle grandi forze che provocano la compressione e il corrugamento degli strati, studiato ormai ripetutamente dal lontano 1875 come fenomeno geosinclinale. La deriva dei continenti Prima della scoperta delle dorsali medio oceaniche e della nascita della tettonica a zolle, era maturata l’idea che i continenti dovevano essere il prodotto di una serie di movimenti che nel corso dei secoli e dei tempi geologici, hanno provocato fenomeni di unione e scissione delle terre emerse. Queste idee costituirono la teoria della “deriva dei continenti”, uno tra i maggiori studiosi di questo fenomeno, fu certamente nel 1910 Alfred Wegener che arricchì di informazioni utilissime, tale teoria, permettendo di costruire nel dettaglio, aspetti della superficie terrestre e della sua evoluzione, fino a circa 200 milioni di anni, quando tutti i continenti, formavano una massa continentale unica chiamata Pangea. In tale ricostruzione, si definì che i fuochi, potessero raggiungere addirittura i 700 Km di profondità. Si è rilevato che la distribuzione degli ipocentri dei terremoti in prossimità degli archi insulari e delle fosse oceaniche, sono sempre più profondi, seguendo un piano inclinato e allontanandosi dalla fossa verso il continente. L’attività sismica è intensa nei primi 70 – 100 Km di profondità (terremoti superficiali) e va gradualmente diminuendo fino ai 100 Km, dove, sia pure con frequenza molto bassa, è presente una certa attività. |